giovedì 1 marzo 2012

un angelo per me randagio


Ogni anno il caldo ha rischiato di ammazzarmi. Regolarmente si apre una crisi nella nostra zona e in tanti finiamo per strada. Il primo anno fu terribile. Non ero capace di pensare, mi sentivo perduto. Giravo per le strade come in sonno, senza nemmeno provare a uscire dal perimetro conosciuto. Bussavo ai soliti indirizzi, nessuno rispondeva. La città si era allontanata lasciando sul posto soltanto il suo odore. E' difficile stare digiuni senza un allenamento. Già al secondo giorno viene da piangere. Ho aspettato ancora un'altra notte che qualcuno venisse. Ho resistito, ho pianto, ho dormito. Poi ho guardato il cielo è ho visto scendere un angelo, ad ali larghe e bianche. Lo chiamo così, ma non sono sicuro di me. Lo avevo già visto qualche altra volta, ma era lontano e poi faccio poco caso al cielo. Non ho un temperamento religioso. Pensai che fosse un angelo perché si era rivolto a me. Quando una creatura scende dal cielo e vuole proprio te, per salvarti o per condurti via, dev'essere un angelo. Venne davanti ai miei occhi e fece una carezza con l'ala, una carezza bianca, argentata. Lo guardai e lui mi gorgogliò nelle orecchie: "Seguimi". La sua voce era quella dell'acqua piovana che corre nella grondaia. "Seguimi", dovette dirmelo due volte, perché non rispondo alla prima chiamata. Penso sempre di aver sognato un comando, un invito, perciò aspetto conferma. Mi drizzai in piedi, mi girava la testa. Faceva il caldo vulcanico di queste terre gialle, tufo e zolfo fritto, gli uomini si sfoltivano e si rendevano rari. L'angelo mi guidò fuori del mio circondario. Sono pigro e non ho curiosità per il vasto mondo, amo le abitudini, ma tutto questo era finito. Ero allo sbaraglio, un giovane in cerca di fortuna e di vivere. L'angelo mi spalancò le strade, ovunque c'erano dispersi che si aggiravano in cerca di occasione. Tempi difficili, ma ero giovane e avevo una guida. Mi trovò vitto e alloggio, un posto scomodo ma sicuro. Chiesi perché mi aiutasse. Rispose che era la sua missione. Aveva le ali per questo, per attirare lo sguardo delle creature verso il cielo e insegnar loro a rivolgersi in alto quando il basso ci abbandona. "Tu hai guardato in su e per questo sono venuto. Se tu fossi rimasto ad occhi bassi, non sarei porto venire da te. Vengo solo se hai bisogno del cielo". Non sapevo di averne bisogno, però era vero che avevo guardato in alto in cerca di una nuvola che promettesse pioggia. Aspettavo la brezza che annuncia con un brivido che da Occidente, dal mare, arriva un'altra stagione.
Non avevo mai mangiato pesce prima. Era un cibo che credevo di disprezzare, ma lo scoprii buonissimo. Se lo procurava fresco. Mi diceva che il mare aiuta dal fondo quando la terra diventa nemica. Non avevo mai pensato al mare, né al cielo, la terra mi bastava. Gli angeli fanno pensare. "Come potrò ringraziarti?", chiedevo. "Chiamami, ricordami quando verranno tempi migliori. Mi avrai ringraziato così".
"Angelo - dicevo - tu conosci il mondo, lo vedi per esteso, spunti su di lui e lo sorvegli: in cosa ho sbagliato e qual è la mia colpa?". "Vedo la montagna, ma non distinguo gli appigli, possiedo l'insieme, ma il dettaglio lo conosci tu. Sono in esilio dalla terra, abito il cielo e navigo il mare, ma tu sai gli agguati, i pericoli del suolo. Ho visto da lontano cani leccare la mano dell'accalappiacani, altri invece mordere quella del padrone. I torti e le virtù stanno in grembo al cielo e vanno sulla terra alla rinfusa. Su di te cade la colpa di un altro, a un altro va una tua misericordia. Solo alla fine tutto ritorna nel conto e si risponde di ogni cosa".
"Anche dell'abbandono?", chiesi, e mi rispose:
"Si".
I giorni passavano bollenti, nelle piazze molti erano gli sbandati, alcuni si organizzavano in sciami. Ero solo e in un'immensa compagnia. La necessità inaspriva il carattere di ognuno. Erano senzatetto né guida. La polizia intervenne arrestando molti di noi. Riuscii a scappare seguendo in terra l'ombra che le ali facevano davanti alla mia corsa. La città era senza ripari, io ero sotto quella dell'angelo. Dovevamo difenderci da tutto. Un istinto di antica rapina affiorava dalle viscere e ci faceva gridare in piena notte. Sotto la luna la città si trasformava in bosco. Dormivo tra gli scogli della diga foranea, il sale mi aveva incrostato il corpo, mi risvegliavo nella foschia dell'alba inzuppato di nuvole basse.
Ero di colpo felice, di colpo disperato. Vedevo molti morire, incapaci di difendersi, di uscire dal campo magico delle urine che marcano il territorio. Il cerchio degli odori era crollato, ma non osavano uscirne. Solo pochi giorni prima ero come loro. Si andavano ad ammazzare contro le auto in corsa, si lasciavano sbrancare dalla fame degli altri, si abbandonavano perché erano stati abbandonati. Il mal d'amore ha questa volontà. Nessuno di loro aveva un angelo custode? "I cani non guardano il cielo", mi rispose.
Così fu quel primo anno. Dopo le grandi piogge l'angelo mi invitò a tornare a casa, a lasciare il confine dove la terra smette e inizia la misericordia furibonda del mare. Feci così, tornai nel cerchio delle urine. Mi accolsero come se niente fosse. Erano tutti al loro posto come se non fossero mai scomparsi. Non li capisco, gli uomini mettono e dismettono i loro luoghi all'improvviso, come i panni di stagione. Da allora ogni anno è stato così. Il caldo della terra mi spingeva a guardare in cielo, a incontrare l'angelo e ad abitare sul mare.
Ora sono vecchio e non aspetto altre piogge. Stanotte il mio angelo mi ha chiesto una grazia: "Mangiami, fammi stare dentro di te. Poi sugli scogli aspettami, verremo in molti a potarti via". Ha chiuso le ali sulla mia faccia ed è morto. Ho ubbidito coi miei denti alle sua volontà. Poi mi sono steso nella tana tra gli scogli e l'annuncio si è compiuto. Il cuore ha dato un colpo di frutto staccato ed è caduto, dall'alto sono scesi a divorarmi i gabbiani, i gemelli dell'angelo.


Erri De Luca - Il cronista scalzo

5 commenti:

  1. grazie per il tuo commento.
    mi ha fatto ritornare a rileggere, ho scoperto ben tre refusi, uno per ognuno degli ultimi tre capoversi. li ho corretti e da adesso il racconto se possibile è ancora più bello.

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  2. non ho fatto caso ai refusi.
    ero troppo concentrata sulla bellezza del racconto.
    amo quest'umo: Erri De Luca, amo il suo modo di leggere e raccontare la Vita, il suo modo di sentirla e ridonarla in modo nuovo, consapevole.
    non per ultimo amo il suo modo di riscattare l'immagine delle donne.
    ho interpretato il dialogo con l'Angelo quale dialogo con la nostra Anima della quale, spesso, ne perdiamo la voce.
    E poi, quando la riconduciamo a noi, siamo in grado di ritrovare, seppure negli stessi luoghi, nuove realtà.
    E' sempre molto bello quello che scrivi.
    rileggerò il racconto.

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  3. come immagino ormai saprai, scrivo in realtà molto poco, e male.
    però scrivono per me gli altri, quelli di cui amo circondarmi, e molto bene.
    De Luca è un personaggio in un certo senso soprannaturale, se non fosse un contemporaneo apparterrebbe alla leggenda. penserei di lui che non è mai esistito.

    grazie per leggere, e rileggere anche, questo blog.

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  4. E' vero.
    E' un personaggio leggendario ed anche mistico.
    Di certo sai che si occupa anche delle lingue antiche e che ha restituito una interpretazione sulla immagine della donna differente da quella che i testi sacri spesso, distortamente e credo anche volutamente, diffondono.
    Ed io, più che nelle rivoluzioni col sangue, credo in quelle della cultura.
    non ho mai pensato che tu scrivessi male.

    Grazie a te, piuttosto, che trovi il coraggio di vestire di inchiostro le tue emozioni ed i tuoi pensieri.
    io, ripasserò.

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