
La prima volta che lo incontrai fu a Napoli.
Era un sabato sera, galleria Umberto, lato via Toledo.
Passeggiavo, da solo, intorno a mezzanotte.
Non ricordo dove stessi andando. Dovunque stessi andando, non vi arrivai mai.
Da lontano una musica così strana, una melodia che riconobbi come antica, eppure familiare, ero certo di non averla mai sentita, prima d'allora.
Mi lasciai condurre, sino ad uno strano assembramento umano.
Donne e uomini abbracciati, che danzavano.
Seppi subito che era Tango. Anno 1999.
Poi, per anni, ci perdemmo di vista.
Ma mi rimase dentro come un rumore di fondo, come quel rumore di fondo che richiama alla creazione di tutto, qualcosa di ancestrale, qualcosa di originario che negli anni aveva continuato a ronzarmi dentro, un richiamo che non ero ancora mai stato pronto ad ascoltare.
Come se Lui mi fosse stato sempre dentro, in attesa paziente che ne realizzassi la consapevolezza.
Una sera del 2006 incontrai una cara amica, una vecchia compagna di classe del liceo, e chiacchierando venne fuori questa nostra comune curiosità di provare.
Fu l'occasione che decisi di non lasciare passare e poche ore dopo ci presentammo alla nostra prima lezione.
I maestri mi spiegarono come abbracciarla, e secondo quale principio il mio movimento si trasmettesse a lei, e da lei tornasse indietro a me. Non c'era ancora la musica, solo goffi movimenti disarmonici, ma quei due, tre concetti da soli furono dentro me dirompenti. Ricordo come fosse adesso la gioia intensa che provai in quell'abbraccio, la sensazione di felicità, che mi veniva da piangere. Distoglievo lo sguardo, gli occhi lucidi.
E'un ricordo talmente intenso, che non credo mi abbandonerà mai, tanto più che, ogni volta che abbraccio una donna in milonga, li chiudo, gli occhi, e lo rivivo.
E, ancora, mi batte violentemente il cuore.