venerdì 25 febbraio 2011

quel rumore di fondo


La prima volta che lo incontrai fu a Napoli.
Era un sabato sera, galleria Umberto, lato via Toledo.
Passeggiavo, da solo, intorno a mezzanotte.
Non ricordo dove stessi andando. Dovunque stessi andando, non vi arrivai mai.

Da lontano una musica così strana, una melodia che riconobbi come antica, eppure familiare, ero certo di non averla mai sentita, prima d'allora.

Mi lasciai condurre, sino ad uno strano assembramento umano.
Donne e uomini abbracciati, che danzavano.
Seppi subito che era Tango. Anno 1999.

Poi, per anni, ci perdemmo di vista.
Ma mi rimase dentro come un rumore di fondo, come quel rumore di fondo che richiama alla creazione di tutto, qualcosa di ancestrale, qualcosa di originario che negli anni aveva continuato a ronzarmi dentro, un richiamo che non ero ancora mai stato pronto ad ascoltare.
Come se Lui mi fosse stato sempre dentro, in attesa paziente che ne realizzassi la consapevolezza.
Una sera del 2006 incontrai una cara amica, una vecchia compagna di classe del liceo, e chiacchierando venne fuori questa nostra comune curiosità di provare.
Fu l'occasione che decisi di non lasciare passare e poche ore dopo ci presentammo alla nostra prima lezione.

I maestri mi spiegarono come abbracciarla, e secondo quale principio il mio movimento si trasmettesse a lei, e da lei tornasse indietro a me. Non c'era ancora la musica, solo goffi movimenti disarmonici, ma quei due, tre concetti da soli furono dentro me dirompenti. Ricordo come fosse adesso la gioia intensa che provai in quell'abbraccio, la sensazione di felicità, che mi veniva da piangere. Distoglievo lo sguardo, gli occhi lucidi.

E'un ricordo talmente intenso, che non credo mi abbandonerà mai, tanto più che, ogni volta che abbraccio una donna in milonga, li chiudo, gli occhi, e lo rivivo.

E, ancora, mi batte violentemente il cuore.

10 commenti:

  1. sara' veramente arte pura.....senso di abbandono totale.....complementi per queste parole non ti sapevo cosi' profondo. ciaoooo

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  2. Mi ritrovo in quello che scrivi...
    Ho iniziato da poco a ballare il tango, ma ho come la sensazione di conoscerlo e custodirlo dentro di me da sempre (a dire è il vero è più di una sensazione...). Mi sento ancora goffa e non ho totalmente superato l'imbarazzo della vicinanza fisica, ma quando chiudo gli occhi tutto sembra talmente naturale, quasi necessario...
    Non so cosa voglia dire, so solo come mi fa sentire...
    E, confidando nelle parole del mio saggio maestro, persevererò divertendomi...
    Grazie
    Carmen x

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  3. Carmen,

    davvero sono felice per te. spero che tu possa conservare il più a lungo possibile questa tua spontanea naturalità.

    buon tango e buona vita.

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  4. Grazie!
    Son certa che sarà così! Caratteristiche, peculiarità come quella, a mio avviso, nascono e muoiono con te, con tutte le conseguenze, belle e meno belle, che ciò comporta!

    Buon tango e buona vita a te!

    Carmen

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  5. Scrivo una tesi su tango...leggo, cerco, osservo, scrivo, riscrivo, cancello...e ci torno di nuovo a fare lo stesso giro...ma facendolo
    noto una gran differenza nella intepretazione di ciò che tango rappresenta, per ogni uno che incontro...o di quello che dovrebbe rappresentare...

    E' molto bello e puro quello che hai scritto Gabriele, sei riuscito a mantenere quel mistero e languore neccessario, che solo un ballo come tango possa suscitare...peccato che le donne di oggi non lo percepiscono ma lo usano per i scopi primordiali, agganciandosi ad ogni commento per farsi notare, togliendoci quella bellezza del pensiero, della fantasia...

    Gianluca
    Salerno

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  6. Gianluca, ciao, sono Gabriele.
    Grazie per le tue parole e sono contento d'aver dato il mio modestissimo contributo al tuo approfondimento.
    Mi piacerebbe leggere la tua tesi, quando vorrai.
    Aspetto un tuo cenno, e in bocca al lupo!

    G.

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  7. Avevo 17 anni malportati e la mia unica ribellione era il silenzio.
    Una sera, a teatro, da sola (perchè il teatro è roba per vecchi) l'ho incontrato anche io. Ne ho raccolto quella straordinaria metafora di cui era portatore e l'ho coltivata quasi come fosse un sogno lontano.
    Solo qualche anno dopo, esattamente come è accaduto a Te, ho avuto il coraggio di provare. Il mio silenzio era ora il fulcro di un'emozione condivisa, di una metafora di vita, di un mondo velato agli occhi dei più in cui abbracciare, sfiorare, accarezzare il volto di un perfetto sconosciuto avesse finalmente il valore della gioia di un attimo, che si fermasse alla sola perfezione di quell'attimo, che la corporeità diventasse un veicolo sino allora necessario e poi perfettamente inutile.
    Grazie per avermi ricordato quel momento...continuo a portare male i miei anni ma al tango non importa e soprattutto ama il mio silenzio.

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  8. Prova commento da telefono

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  9. Io, invece, l’ho incontrato in una sera qualunque, di un fine settimana qualunque, prima di una serata brava qualunque.
    Venni trascinata da un’amica ad una Milonga clandestina. Raggiungemmo un palazzo nobiare del
    Centro della mia città, un futuro B&b, che però allora realizzava le “milongas mi casa”.
    Delle parole ‘Milonga Clandestina’, conoscevo e mi attirava la seconda. Non sapevo neanche si ballasse il Tango. Il Tango era nel mio immaginario: una donna con delle calze a rete fitte, rossetto rosso, profondo spacco nella gonna, avvinghiata ad un uomo con la gelatina ai capelli e uno sguardo severo.
    Trovai tutt’altro. Un appartamento buio, illuminato da sole candele che disegnavano una traiettoria nei corridoi, per condurti in una stanza. Arrivai a quella stanza con i brividi sulla pelle, accompagnata da una musica che dal primo istante si insinuò nella mie orecchie inondando ogni centimetro, sino ad arrivare ad ogni angolo più remoto del mio corpo. Quella sera la nostra visita doveva durare qualche minuto, invece accadde che la mia amica andò via incontro alla sua notte brava, io, rimasi lì, tutta la notte, ad osservare quell’intrecciarsi di mani, braccia e gambe. Quella seduzione silenziosa e potente.
    L’ho incontrato così il tango. Non ho mai pensato che sia stato un colpo di fulmine. Ho sempre avuto la sensazione di averlo ritrovato.

    ....uno, di due.
    Bancomac

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